Non ho ancora letto l’articolo menzionato, ma di sicuro - come dici anche tu - non si può fare di tutta l’erba un fascio.
C’è chi lavora da remoto per stare più tempo con la famiglia o magari per tornare “al paese” invece di affogare in una grande città, c’è chi viaggia qui e lì e qui si ferma per molto tempo in un paese straniero. In que…
Non ho ancora letto l’articolo menzionato, ma di sicuro - come dici anche tu - non si può fare di tutta l’erba un fascio.
C’è chi lavora da remoto per stare più tempo con la famiglia o magari per tornare “al paese” invece di affogare in una grande città, c’è chi viaggia qui e lì e qui si ferma per molto tempo in un paese straniero. In quel caso non è più nomade però.
Forse puntare il dito contro i nomadi digitali riguardo l’aumento dell’affitto non è tanto corretto e ne parlavo di recente con un altro nomade.
La cosa più immediata per trovare un alloggio è controllare Airbnb (a meno che non si conosca già qualcuno lì). Questa piattaforma, però, è calibrata sui prezzi per turisti. Tanto che quando ero in Marocco io pagavo 300€ al mese con una casa trovata tramite passaparola e un mio amico quasi 700€ (in Marocco, eh!) per un buco trovato su Airbnb.
Inoltre i nomadi digitali di solito usano un visto turistico, per cui dopo 30 o 90 giorni devono lasciare il paese, cosa che comporta il non poter avere un contratto annuale con prezzi “locali”.
Tutto questo pippone per dire che 1. I nomadi si trovano in una situazione problematica perché è difficile trovare un alloggio a medio termine a prezzi non turistici, 2. Per la questione dei prezzi altissimi bisogna più guardare ai turisti (ti scrivo da Venezia, quindi ne so qualcosa purtroppo) o a chi si stabilisce a lungo termine ma ha grandi possibilità economiche rispetto alle popolazioni locali.
Ciao Alessandra, infatti l'articolo cita appunto l'esempio degli expat americani che si trasferiscono a Città del Messico. Di solito, questi expat hanno redditi medio alti e fanno lavori specializzati che permettono loro di lavorare da remoto. Lo stesso vale per il Portogallo o per le Canarie. Però a mio avviso la "colpa" è forse più del Paese ospitante: mai una volta che si pensi di adeguare gli stipendi e aumentare il livello di benessere di tutti, più facile dare la colpa a chi cerca di vivere con meno. Ripeto, non ho l'arroganza di risolvere il problema ma, essendo un articolo di giornale, avrei gradito un'informazione più a 360 gradi...
Sì, un’informazione più a 360 gradi e anche meno generalizzazioni. Comunque c’è sempre l’opzione del nostro caro sindaco di Venezia che ha detto - più o meno - “Se non potete permettervi un affitto qua, trasferitevi in terraferma”. Grazie 👌
Non ho ancora letto l’articolo menzionato, ma di sicuro - come dici anche tu - non si può fare di tutta l’erba un fascio.
C’è chi lavora da remoto per stare più tempo con la famiglia o magari per tornare “al paese” invece di affogare in una grande città, c’è chi viaggia qui e lì e qui si ferma per molto tempo in un paese straniero. In quel caso non è più nomade però.
Forse puntare il dito contro i nomadi digitali riguardo l’aumento dell’affitto non è tanto corretto e ne parlavo di recente con un altro nomade.
La cosa più immediata per trovare un alloggio è controllare Airbnb (a meno che non si conosca già qualcuno lì). Questa piattaforma, però, è calibrata sui prezzi per turisti. Tanto che quando ero in Marocco io pagavo 300€ al mese con una casa trovata tramite passaparola e un mio amico quasi 700€ (in Marocco, eh!) per un buco trovato su Airbnb.
Inoltre i nomadi digitali di solito usano un visto turistico, per cui dopo 30 o 90 giorni devono lasciare il paese, cosa che comporta il non poter avere un contratto annuale con prezzi “locali”.
Tutto questo pippone per dire che 1. I nomadi si trovano in una situazione problematica perché è difficile trovare un alloggio a medio termine a prezzi non turistici, 2. Per la questione dei prezzi altissimi bisogna più guardare ai turisti (ti scrivo da Venezia, quindi ne so qualcosa purtroppo) o a chi si stabilisce a lungo termine ma ha grandi possibilità economiche rispetto alle popolazioni locali.
Ciao Alessandra, infatti l'articolo cita appunto l'esempio degli expat americani che si trasferiscono a Città del Messico. Di solito, questi expat hanno redditi medio alti e fanno lavori specializzati che permettono loro di lavorare da remoto. Lo stesso vale per il Portogallo o per le Canarie. Però a mio avviso la "colpa" è forse più del Paese ospitante: mai una volta che si pensi di adeguare gli stipendi e aumentare il livello di benessere di tutti, più facile dare la colpa a chi cerca di vivere con meno. Ripeto, non ho l'arroganza di risolvere il problema ma, essendo un articolo di giornale, avrei gradito un'informazione più a 360 gradi...
Sì, un’informazione più a 360 gradi e anche meno generalizzazioni. Comunque c’è sempre l’opzione del nostro caro sindaco di Venezia che ha detto - più o meno - “Se non potete permettervi un affitto qua, trasferitevi in terraferma”. Grazie 👌